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La villa venne costruita alla fine del Seicento. Danneggiata da un terremoto nel 1798, venne rimaneggiata su progetto dell’architetto senese Agostino Fantastici (tra i più importanti esponenti della cultura neoclassica toscana), il quale fece la facciata e l’entrata secondo il gusto romantico dell’epoca.
All’ingresso della Villa c’è un grande scalone, ornato da 4 statue, che porta al piano superiore, dal quale si accede al giardino all’italiana formato da aiuole di bosso e da limoni e con fontane centrali, che si sviluppa su tre livelli collegati tra loro da scalinate. La parte superiore del giardino è del 1800 e la parte inferiore del 1920 attribuita all’architetto Wander Borren, nella parte superiore del giardino si affaccia un grande teatro di lecci tra i più importanti d’Italia, pure attribuito al Fantastici. Dario Niccodemi scrisse per questo suggestivo teatro all’aperto la commedia “L‘alba il giorno e la notte”, opera che vi fu presentata nel 1920.
Antistante alla villa c’è un grande piazzale, delimitato da alti cedri del Libano. A destra entrando nel giardino si eleva una torre gotica (vedetta senese sulla via Fiorentina) che dà il nome alla villa. A sinistra si apre il grande giardino all’italiana.
La villa appartiene da sempre alla famiglia Sergardi Biringucci. Costruita alla fine del Seicento per la famiglia senese Biringucci, venne portata in dote da Olimpia Biringucci, ultima discendente di una importante famiglia, quando sposò Curzio Sergardi. Da allora venne aggiunto al cognome Sergardi quello Biringucci. Dal loro matrimonio nacque il famoso umanista e poeta Lodovico Sergardi, avvocato concistoriale e Presidente della fabbrica di San Pietro, chiamato, secondo l’usanza dell’Arcadia, Quinto Settano.
Nella villa ha soggiornato nel 1798 il Papa Pio VI (Braschi) quando fu costretto a lasciare Roma a seguito dei moti rivoluzionari. Vi soggiornò pure Richard Wagner nel 1880, mentre si dedicava all’orchestrazione de Parsiphal.




Wagner in Villa

Il soggiorno senese di Wagner ha, naturalmente, una sua aneddotica.

Wagner era venuto a Siena con la moglie Cosima e la figlia Eva.

L’ospitalità dei Sergardi, discreta e premurosa, piacque molto alla famiglia tedesca. L’artista sedeva nella vasta terrazza della villa a riflettere e a comporre (i biografi parlano di dodici pagine giornaliere di partitura orchestrale). Passeggiava nel parco, si faceva servire il pranzo in giardino, all’ombra degli oleandri, gustando i piatti preparati dal cuoco Giovanni Jacopi, che per l’illustre convitato stappava rare bottiglie di Chianti. Per testimonianza diretta dello stesso cuoco, Richard abiurò la fede nella birra convertendosi al vino. Al punto che, anche di notte, Eva Wagner andava a bussare alla porta dello Jacopi perché il Maestro necessitava urgentemente di un cordiale, unica medicina per guarirlo dagli improvvisi malesseri cui era soggetto. Tra le storielle tramandate sul soggiorno senese di Wagner anche quella che il compositore avrebbe inserito in una sua pagina il motivetto popolare sentito fischiettare al postino che quotidianamente recapitava la corrispondenza a Torre Fiorentina.

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